martedì 6 ottobre 2015

Questo sì, questo no

In passato, mettiamo ben più di quarant'anni fa, mentre giocavi a calcio o a basket, chiamata allora pallacanestro, potevi apostrofare il giocatore rivale con parole tipo "coglione", "testa di cazzo", oppure rivolgere apprezzamenti verso la di lui madre o sorella , con epiteti tipo "troia" , "puttana" o, in lingua sarda, "bagassa". Non succedeva niente dopo: non è che venissi inseguito o picchiato , perché quelle parole erano un mero sfogo di rabbia per aver perso il pallone o perché eri stato "marcato" a dovere. Ancora oggi cercare di far incazzare l'avversario , di distrarlo, è un modo come un altro per vincere gli incontri, o di non perderli (almeno nel calcio che prevede anche il pareggio). Del resto il pubblico contribuisce a creare casino, ed è considerato, da alcuni, il dodicesimo in campo. Il punto è che ,da alcuni anni, è entrato di prepotenza nella vita di ognuno di noi, il politicamente corretto: per questo motivo non puoi più dire o mandare qualcuno "affanculo" o a "farsi fottere", giammai puoi apostrofarlo con insulti che riguardano il territorio o la nazione o città natale della sua squadra: ricordo ancora di un amico sassarese che insultò, come spesso succede quando si guida, due donne anch'esse sassaresi. La questione finì in tribunale: ironia della sorte le aveva offese riferendosi alla città natale che, guarda caso, era la stessa per tutti e tre. Sono purtroppo un sacco le cose che non si possono fare: dal chiedere a una donna un appuntamento o dal fare a uno il gesto dell'ombrello o del dito medio o entrambi nello stesso momento.Dispiace perché sessualmente non "ci puoi provare", dal punto di vista psicologico rischi di deprimerti. Potrebbe essere un buon motivo per chi dovesse difendersi in una causa intentata per ingiurie, offese, molestie: il nostro avvocato potrebbe sostenere ,magari con l'ausilio di qualche perizia psicologica o psichiatrica o psicanalitica , che se noi non avessimo invitato la collega a uscire o non avessimo mandato a quel paese (e con l'ausilio del gesto italico ) chi ci ha fregato il parcheggio, avremmo rischiato la depressione. L'averlo fatto ci ha impedito di cadere in questo stato psicologico. Alla fine tutto questo autocontrollo ci porta solo a stressarci: e senza voler esagerare, il rischio è di finire ammazzati o di ammazzare il prossimo in un eccesso di sfogo. Perché mandare qualcuno " a cagare" non vuol dire che lo si deve, per forza, accompagnare o accudire mentre espleta il bisogno: così come se dico a un avversario "vedrai che adesso ti fotto", non vuol dire che "ci spogliamo e consumiamo un atto", magari negli spogliatoi. L'aver voluto accostare le parole ai fatti, come fa chi sostiene leggi liberticide, chi impedisce di informarsi come meglio si crede su fatti criminali del passato come stragi, eccidi, omicidi, con la scusa che chi vuole sapere (utilizzando tra l'altro biblioteche, documenti cartacei o audiovisivi, ) è un negazionista perché , per il solo fatto di voler approfondire vuol dire che non si fida, è stato ed è un modo per reprimere , per limitare, la libertà di ricerca e di informazione, oltre che di espressione. Post e commenti cancellati, persone indagate e denunciate: che brave persone che ci sono in Italia e nel mondo. Verrebbe da dire qualcosa ma devo reprimere e mi devo deprimere.Per colpa di ...

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