mercoledì 15 maggio 2013

Il caso Bayer: ma quanto si é disposti a pagare pur di chiudere gli stabilimenti italiani?

Basta guardare i politici che eleggono ed i burocrati l’esistenza dei quali tollerano per trarne la conclusione di quanto gli italiani siano imbecilli: senza se e senza ma.
  Il caso della Bayer di Mussolente (Vi) é da manuale.
  Stiamo parlando dello «stabilimento di Mussolente, una fabbrica non in perdita che occupa personale molto qualificato», che la Bayer chiuderà arcistufa della soffocante burocrazia italiana. A tutto c’é un limite.
  Non solo. Pur di chiudere baracca e burattini, la Bayer «risarcisce i 50 operai licenziati con 4 anni di stipendio se non trovano lavoro, oppure versando un anno di stipendio alle aziende che li assumano a tempo indeterminato».
  Ma non è tutto. Ti pareva!

  «Subito dopo l’annuncio della chiusura dello stabilimento di Mussolente, l’imprenditore Francesco Bifrangi, della Bifrangi metalmeccanica si offrì di reclutare tutti e 50 i licenziati».
  Un gran bel gesto di solidarietà verso i lavoratori licenziati, reintegrarli in un lavoro sicuro, full-time, dignitoso.
  Ma siamo in Italia.
  «Ci provò ma dovette rinunciare: la burocrazia gli impediva di allargare i suoi capannoni».
  Burocrati: siate maledetti ora, sempre ed in eterno!
  Poi vi stupite che la gente vi odi?
  E poi ci si viene a dire che il Governo vuol fare politiche di sviluppo a favore dell’occupazione!
  Partito Democratico che sei al Governo con il tuo sodale sen. Berlusconi: cosa ne dici?

 ROMA – Bayer (il colosso farmaceutico tedesco) chiude lo stabilimento vicentino di Mussolente ma risarcisce i 50 operai licenziati con 4 anni di stipendio se non trovano lavoro, oppure versando un anno di stipendio alle aziende che li assumano a tempo indeterminato. Sono cronache del lavoro da “un altro pianeta” come sottolinea l’edizione economica del quotidiano Libero. Se a tempo determinato sei mesi di salario sono a carico della Bayer. I cui vertici non è che sono impazziti all’improvviso o sono in vena di strenne natalizie prolungate. La scelta si inserisce in un contesto economico/industriale di più vasto respiro nel quale la difesa del lavoro in Germania è una priorità politica al cui confronto l’Italia  più che impallidire, scompare.
  Basta mettere insieme i fatti. Lo stabilimento di Mussolente, nei piani della sede centrale di Leverkusen, avrebbe dovuto chiudere alla fine del 2012. Il caso era stato portato di fronte alla Commissione Europea attraverso un’interrogazione dell’eurodeputata leghista Mara Bizzotto. La Commissione ammetteva di non aver titoli per intervenire su scelte autonome delle aziende. Bizzotto si riteneva insoddisfatta. Bruxelles era costretta a  replicare, ancora, ma con una nota meno generica: dal governo italiano, precisava il Commissario, non era pervenuta nessuna richiesta di attivazione del Fondo Europeo di adeguamento alla globalizzazione per sostenere i lavoratori della Bayer.
  Dall’Italia, insomma, silenzio assoluto sui licenziamenti. In Germania, invece, la Bayer può mostrarsi così generosa, perché nel frattempo sta utilizzando gli incentivi del governo a mantenere le posizioni lavorative tedesche. Un anno fa, infatti, Merkel faceva approvare significative agevolazioni fiscali alle imprese che fino al 2015 si fossero impegnate a non licenziare in Germania. Risultato: blindati i 25 mila operai tedeschi a scapito di cechi, italiani e greci. Quindi la ristrutturazione di cui aveva bisogno è andata in porto con il minor danno per il lavoro. Una postilla amara per concludere. Subito dopo l’annuncio della chiusura dello stabilimento di Mussolente, l’imprenditore Francesco Bifrangi, della Bifrangi metalmeccanica si offrì di reclutare tutti e 50 i licenziati. Ci provò ma dovette rinunciare: la burocrazia gli impediva di allargare i suoi capannoni.

  BassanoPiù. 2013-04-16. Bayer di Mussolente, uno su 39 ce la fa.
  Della situazione della Bayer Material Science, che sarà smantellata entro il 30 giugno, ci siamo occupati più volte fin dall’estate scorsa, quando l’azienda madre ha preso la decisione di chiudere lo stabilimento di Mussolente, una fabbrica non in perdita che occupa personale molto qualificato. Lo scorso settembre l’azienda tedesca si è detta non disponibile a cercare soluzioni di riconversione, ma si è anche impegnata a ricollocare i trentanove dipendenti.
  Bayer ha chiesto la loro disponibilità ad affrontare colloqui individuali allo scopo di valutare le loro competenze e la loro disponibilità a trasferirsi in altre aziende del gruppo (probabilmente in Lombardia) o, eventualmente, in altre aziende del territorio grazie all’intervento dell’Associazione degli industriali e all’offerta di un anno di stipendio pagato dalla Bayer stessa all’azienda che si fosse impegnata ad assumere. Ad oggi, però, solo uno dei dipendenti ha trovato un nuovo posto di lavoro, situato fuori provincia , mentre in quattro hanno accettato l’offerta dell’azienda di trasferirsi nella sede Bayer di Filago, in provincia di Bergamo. In trentaquattro, quindi, stanno ancora percependo l’incentivo finanziario offerto da Bayer ai dipendenti a seconda dell’anzianità lavorativa (da 28 a 50 mensilità) e sono in attesa di un’offerta di lavoro adeguata alle loro aspettative. Del resto, non è facile accettare riduzioni di stipendio e trasferimenti: le offerte non sono mancate (e sono arrivate da una cinquantina di imprese venete), ma sono state tutte declinate. Alcune di esse sono state scartate dalla Bayer stessa, che aveva posto dei requisiti, come la presenza in organico di almeno 15 dipendenti.
  Tempo per decidere i lavoratori ne hanno ancora, ma trovare di meglio non sarà facile.
http://www.rischiocalcolato.it/2013/05/il-caso-bayer-ma-quanto-si-e-disposti-a-pagare-pur-di-chiudere-gli-stabilimenti-italiani.html

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