venerdì 2 novembre 2012

Il livello di vita

Come deve o vorremmo che fosse il nostro livello di vita? Mi chiederete come mai mi pongo una domanda simile, dato che la risposta dovrebbe essere, quanto meno buono, di livello medio, che permetta comunque alcune valide distrazioni. In effetti leggevo su un manifesto, penso abusivo, incollato su una colonnina dell'enel o della telecom, di quelle casette con frontale in plastica ubicate tra i palazzi, che Cagliari, in buona sostanza, sta cercando in vari modi e, pare, con successo di allontanare un nutrito numero di abitanti da alcune zone della città , così da riservare queste zone allo shopping di alto livello, magari legato all'arrivo di navi da crociera o turistico più in generale.E via ad osservare e segnalare che in una di queste vie, la via Sulis, ci sono dei negozi dove una penna o un capo di abbigliamento possono costare come metà stipendio.
Il punto,secondo me, è un altro: ed è che tu o io o tanti, non solo non possono acquistare in quei negozi, ma alcuni, mi dispiace dirlo, non sono in gradi di apprezzare e ,per così dire, capire che quel tipo di oggetti sono lavorati, disegnati e realizzati, in maniera diversa da una penna bic o corvina o da un vestito di oviesse o dei grandi magazzini o,come piace invece agli attacchini, dei mercatini dell'usato. Del resto si parla tanto dei mercati di nicchia, si indica ad esempio lo stilista venuto dai bassifondi o che ha fatto la gavetta,ma si deve sapere che tu che lo elogi, lo porti ad esempio, quasi identificandoti in lui, a meno di essere tu stesso ricco, non puoi comprare neanche un foulard disegnato da lui. E se parliamo di stilisti in senso lato, neanche un portacandela diventa ,per tanti di noi, accessibile. Quindi non sparerei a zero con chi vuole valorizzare alcune zone della città che, mi dispiace dirlo, sono diventate invece "zone franche" dove extracomunitari hanno importato abutidini e usi e costumi che non sono quelli tipici dei quartieri cagliaritani.Di fatto sono imposti ,oggi come oggi, usi e abitudini che nulla hanno a che fare con la tradizione locale. Alcune osservazioni contenute in quel manifesto sono anche condivisibili:ma ,anche lì, come partenza ma non come conclusione. La partenza,cioè, che prevede speculatori e palazzinari, è vera: quei quartieri sono stati abitati per decenni da cagliaritani doc, che poi hanno migrato in zone della città dove c'erano case popolari, abitazioni da poter comprare o vivere in affitto,più nuove e moderne e decenti.Quindi come conseguenza logica, quelle case ,divenute sfitte, sono state sia vendute per poche lire che affittate a prezzi elevati ad extracomunitari.Diverse attività, causa anche lo spopolamento o la convenienza anche di acquistare altrove, dove c'erano più abitanti e più servizi ,hanno ulteriormente declassato i quartieri e trasformato i piani terra prima in magazzini (per i negozianti delle vie adiacenti ma esterne, almeno per traffico e frequentazioni, al quartiere), poi direttamente in abitazioni (con cambio di destinazione d'uso,chissà perchè concesso). Quindi ben vengano delle zone piacevoli da frequentare, che vendano merci commercialmente valide e ,possibilmente, acquistabili non solo da pochi eletti: le lanterne poste al di fuori dei locali commerciali o, peggio che mai, un arredamento minimalista realizzato con scaffalatura metallica, porta pallett o scatoloni buttati per terra, non è un buon biglietto da visita, al pari di qualche sgabello di finto design venduto da Ikea o qualche scaffaletto di Semeraro. Il desiderio di appiattimento che secondo me traspare in certi scritti, anche nei blog e non solo nei manifesti o nei commenti sparsi nella rete, mi rimanda come immagine almeno, al titolo di un libro di Blondet, ed esattamente a selvaggi con il telefonino, oggi forse con lo smarphone. Ritengo da acido e puntiglioso quale sono che alcuni critici comportamentali, siano persone che magari pagano chissà quanto per mangiare ,a mio dire, male e pagare tanto, non rinunciando alle nike da oltre 100 euro o se più conservatori alle hogan o alla valigia piquadro piuttosto che al monclerino: lo smartphone ,però è per tutti. Mi ritrovo come in un film già visto e concludo con un esempio di vita vissuta: quando vendevo arredamenti per ufficio, mi capitava spesso di trovarmi dinnanzi persone che giravano con la Bmw ma per l'ufficio ,per arredarlo, non volevano spendere se non il meno possibile. Allora, fine anni 70 e inizio anni 80, il meno era ancora la scrivania con struttura metallica in tubo quadro verniciato, e piano in laminato plastico con spigoli vivi.Ma non era un buon biglietto da visita, oltre tutto c'erano già le scrivanie con piano ergonomico, con verniciature atossiche, come pure le poltrone da lavoro: non erano certificate ,almeno non con normative italiane, ma tedesche. Come le Bmw. Far digerire non tanto il discorso estetico quanto l'argomentazione sicurezza e qualità, non era facile:parlare di tessuti ignifughi o autoestinguenti,di imbottiture a densità differenziata, era ed è difficile, in quanto la mancanza di informazione ,anche e sopratutto nelle riviste del settore o che dovrebbero esserlo, è palese. Le persone si basano su quello che vedono, quindi quando vedono una Mont Blanc o una Omas, per loro è uguale a una penna venduta dai cinesi o su una bancarella, così come quando vedono una giacca o un pantalone, dato che non distinguono la trama dall'ordito, non sanno cosa sia il risvolto: ora stando così le cose, non è difficile da capire la critica ai beni di lusso, che è più accanita verso beni di cui si sa poco o nulla.Come mai si dice che una Ferrari costa tanto, ma è una Ferrari e di un tavolo o un armadio soltanto che sono cari?Per mancanza di cultura, di informazione e perchè da piccoli non ci è stato insegnato a dare valore alle cose ma anche a conoscerne il valore: l'unico insegnamento è racchiuso in due parole, è caro, oppure, senza aver effettuato nessuna valutazione e comunque senza motivarla non li vale . Quando partiamo da questi princìpi, non possiamo aspirare a vette particolramente elevate, e come popolazione siamo destinati al declino: culturale, produttivo, e di qualità della vita. Vorrei , vorrei ...vorrei....ecco, sì! quello che costa di meno.   

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