martedì 2 ottobre 2012

Parassita chi non paga le tasse. Monti ha ragione senza saperlo

Verba volant, ma non se ad aprire la bocca è il robot che dirige la baracca di palazzo Chigi. Ieri, durante una delle sue intemerate in quel di Milano, al “Forum della cooperazione internazionale”, Monti ha colto l’occasione per tornare a parlare di evasione fiscale, con l’intento di deviare buona parte dell’attenzione del popolino – leggermente incazzato – dalla discarica partitica da cui esce ogni giorno uno scandalo nuovo. Stavolta, però, il tecnocrate con la voce da magnetofono ha detto una cosa giusta: “Dobbiamo spostare il fronte delle intolleranze, che non riguarda destra e sinistra, ma chi paga le tasse e chi non le paga”. La prima parte della dichiarazione è pura realpolitik: del resto, uno sorretto dai voti di entrambi i lati dell’arco costituzionale deve tentare l’impossibile per continuare ad accreditarsi la marmaglia che oggi gli sta dando fiducia, in vista del suo annunciato “bis” nel 2013. Realpolitik, dicevamo, che la sciura Maria definirebbe “ipocrisia”, “paraculismo” “doppiogiochismo”, come preferite voi.

La seconda parte della sua requisitoria è, invece, quella che più mi sento di avallare, anche se temo che la mia idea di chi siano i pagatori di tasse, non coincide esattamente con quella del premier. Eppure, non si tratta di una questione di lana caprina, ma di principi fondamentali per chi – come nel caso del sottoscritto – si reputa intransigente in fatto di libertà. Insomma, chi sono quelli che le gabelle le pagano? Facile: solo ed esclusivamente coloro che producono ricchezza vera, siano essi imprenditori, artigiani, liberi professionisti o lavoratori dipendenti. Come? Perché? Ce lo spiega Franz Oppenheimer in “Deer Stat”, quando scrive che esiste una netta contrapposizione “fra i due soli modi di acquisizione della ricchezza: quelli ‘politici’ della violenza-coercizione (la legislazione), della conquista (il voto), della rapina e del saccheggio (le tasse) da una parte e quelli ‘economici’, della produzione e dello scambio dall’altra”. Da qui, si intuisce che lo statale – che non produce altro che disservizi, problemi e spesa pubblica – non paga una cippa di tasse!
H. L. Mencken, rafforza il concetto di cui sopra: “Quando un privato cittadino è derubato, un uomo del tutto rispettabile viene privato dei frutti della sua industria e della sua parsimonia; quando è il governo ad essere derubato, il peggio che possa accadere è che alcune canaglie e fannulloni hanno meno denaro con cui giocare, rispetto a prima. La nozione che essi hanno guadagnato quel denaro non è mai nemmeno presa in considerazione; gli uomini più sensibili la troverebbero ridicola. Essi sono semplicemente dei mascalzoni che, per puro caso di legge, godono di una sorta di diritto, più che dubbio, ad ottenere una parte dei guadagni dei loro simili”. E si badi bene, che tra le gabelle occulte che ci tocca pagare per lorsignori, c’è anche la corruzione, che secondo dati statistici recentissimi (a mio parere assolutamente bonari e calcolati per difetto) costa circa 170 euro a ciascun abitante, il che significa che a chi le imposte le paga davvero, perché produce ricchezza appunto, grava per il doppio.
Il mio amico Fortebraccio, imprenditore infuriato ma di buon senso, in merito a questa faccenda mi ha scritto: “In italia chi paga le tasse viene chiamato evasore, chi se le intasca ‘servitore dello Stato’. In realtà colui che viene chiamato evasore è il servo del ‘servitore dello stato’ e come servo viene trattato. Quando sparisce la marmellata il problema non è chi ha mangiato la marmellata, ma chi ha mancato di riempire il vasetto”. Da questa affermazione si deduce un principio apodittico: “Se tutti pagassero le tasse, Er Batman (e la banda di supereroi parassiti del pianeta Leviatan) avrebbe fottuto molti più soldi.
Il buon Milton Friedman, oltre dieci anni fa, dichiarò alla stampa nostrana: “L’Italia è molto più libera di quel che voi credete, grazie al mercato nero e all’evasione fiscale. Il mercato nero e l’evasione fiscale hanno salvato il vostro Paese, sottraendo ingenti risorse al controllo delle burocrazie statali”. Antonio Martino, allievo di Friedman, ha tratto le conseguenze del caso: “L’evasore fiscale è il vero patriota”. Te capit Monti?
Carlo Lottieri, nell’analizzare questo artificioso scontro sociale, che il premier ha più volte definito “guerra”, ha sostenuto che “autori come Jean-Baptiste Say, Frédéric Bastiat, Herbert Spencer, Franz Oppenheimer, Albert Jay Nock, Ayn Rand e Murray N. Rothbard (ma un elenco completo sarebbe lunghissimo) hanno sottolineato precisamente il carattere redistributivo dell’azione pubblica, la quale spoglia alcuni gruppi e ne arricchisce altri”. Dacché si deduce che “alcuni gruppi” son quelli che pagano gabelle a carriolate, “altri” sono, per fare un solo esempio, gli assunti in Regione da Raffaele Lombardo. In vero, il problema non è che l’elenco sia lunghissimo, ma che nelle università di questo paese (vere e proprie madrasse statali), manco si sa che esistono!
Per tirare le fila di questo ragionamento, non posso che confermare che Monti, sotto la Madonnina, ha esternato una cosa giusta, ma senza saperlo. Il motivo? Ce lo spiega Hans Hermann Hoppe – di cui mi vanto di aver pubblicato anni fa il libro “Abbasso la democrazia” – che su questo continuo giochetto mistificatore in merito a chi deve pagare, e che cosa, ha scritto: “A un livello molto astratto, la risposta alla domanda, relativa ai motivi per cui si debba assistere ad un inarrestabile incremento del livello tassazione, è questa: la causa principale si deve rinvenire nel lento, ma drammatico stravolgimento dell’idea di giustizia, che ha avuto luogo in seno all’opinione pubblica”. Giustizia! Quel valore di cui il governo, anzi i governi si riempiono la bocca, ma che finisce sempre, parafrasando il professor Sergio Ricossa, per essere – come la libertà – “la più stuprata delle donne e il suo stupro il più impunito dei delitti”. Il Presidente del Consiglio, prima di fare il “bis”, abbia il buon gusto di approfondire Gaetano Salvemini, che non era un mercatista, ma affermava: “Ciascuno stia a casa sua, e ognuno si tenga i propri quattrini e se li spenda come meglio crede”.
Esimio professor C1P8 in grisaglia, sa che ci vuole una faccia di palta mica comune per continuare a chiedere soldi ai contribuenti quando la prima canaglia è lo Stato ladro, che non paga i creditori per legge ed evade miliardi di contributi dei suoi dipendenti? Se lo ficchi in quel crapone da sceriffo di Sherwood: le tasse sono un furto e non pagarle è solo legittima difesa. Le reitero il concetto in milanese: “Ten giò i man”!
da L’indipendenza
di Leonardo Facco
http://www.rischiocalcolato.it/2012/10/parassita-chi-non-paga-le-tasse-monti-ha-ragione-senza-saperlo.html 

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