venerdì 19 ottobre 2012

L'uomo malato

Ripubblichiamo un articolo di Sergio Brundu – medico, e uno dei “Padri Fondatori” del sito (luogocomune.net) - che sembra cogliere in modo lucido e preciso il cuore del grande problema che, presto o tardi, la nostra società dovrà affrontare: una sostanziale revisione dell’intero paradigma medico-sociale che oggi viene chiamato “medicina moderna”.

L'UOMO MALATO - di Sergio Brundu

Nonostante la malattia sia un fenomeno che si riscontra presso tutti gli esseri viventi (anche le cellule si ammalano), è possibile constatare non solo l'esistenza di un gran numero di patologie che colpiscono esclusivamente l'uomo, ma è anche possibile identificare in esse una specifica modalità evolutiva ed espressiva. Tale constatazione, non trova una spiegazione esauriente in una diversa strutturazione anatomo - funzionale all'interno del regno animale, esistendo forti analogie tra i mammiferi superiori e l'uomo, (non esiste una biochimica specifica dell’uomo).



Il modello animale ha infatti rappresentato in un secolo di medicina positivistica elemento di riferimento nell'analisi della malattia; un concatenarsi di eventi fisici misurabili con altrettanti metodi fisici e biologici. Se le cose stessero diversamente la medicina sperimentale non avrebbe raggiunto cosi notevoli progressi.

Solo l'antropologia consente una chiave di accesso ad una comprensione globale della malattia umana …

… ed ai fenomeni ad essa connessi. Il cervello umano differisce infatti da quello dei mammiferi superiori non solo per la distribuzione della massa cerebrale, ma in particolare per lo sviluppo della neocortex, e per la specificità delle circonvoluzioni frontali e temporali (Spatz,1949).

Il cervello umano, questa sfera vitale, è lo sviluppo della intelligenza, del linguaggio, della coscienza, è la possibilità di strutturare ed integrare in modo originale e peculiare la sfera biologica a quella comportamentale-emozionale “con l’uomo la natura ha inteso creare un nuovo principio di organizzazione”, Gehlen, 1950). Tuttavia i progressi della medicina si sono identificati in modo prevalente con il progresso tecnologico e nell'ultimo secolo per lo più le scuole mediche hanno funzionato come scuole applicate ad una particolare specie biologica e non come scuole di medicina per l'uomo.

Si è proceduto prevalentemente alla cura di una entità biologica senza emozioni, senza comunicazione con i propri simili, priva di interazione sociale, isolata da ogni contesto sociale ed economico; una entità funzionante sulla base di complessi (ed in buona parte sconosciuti) meccanismi di omeostasi biochimica (“L'uomo senza testa”, Pancheri,1980). La scienza medica del XXI secolo ha in parte illuso l'umanità sulle sue potenzialità, sulla capacità di sopravvivenza dell'essere umano, sulle possibilità di interferire nei processi naturali per "correggerli", talvolta all'inseguimento immaginativo di un sogno di immortalità della specie.

Nonostante l'ipertecnicismo taluni gruppi di malattie sono in progressivo aumento, altre compaiono ex-novo, l'allungamento della vita media appare sostanzialmente attribuibile ad un intervento diretto della tecnologia, mentre gli studi epidemiologici mostrano come l'incidenza di molte patologie e la loro modalità espressiva sia solo in parte riconducibile a prefissati schemi fisico-biologici.

I grandi edifici della scienza (ove l'uomo entra misero e timoroso), hanno lavorato privilegiando la medicina tecnicistica e dei grandi risultati, dimenticando la dimensione specificamente umana della malattia, coinvolgente l'individuo a tutti i livelli e non sanabile con nessuna delle grandi conquiste del XXI secolo.

In questa visione almeno in parte distorta del rapporto umano e biologismo diviene dunque preponderante il recupero della scienza medica come scienza unitaria dell'uomo. Una medicina che non sia solo santuario di se stessa, bensi medicina capace di coniugare armonicamente tecnicismo scientifico e cultura umanistica.

Sergio Brundu (Vulcan)


Il GIURAMENTO DI IPPOCRATE

Il Giuramento, di attribuzione controversa, è il primo codice di deontologia medica della storia.

Ippocrate fu il primo a suggerire che le malattie umane non siano il frutto di punizioni divine, ma l'effetto di un'alterazione dell'equilibrio di quelli che erano ritenuti i quattro umori dell'uomo (sangue, flemma, bile nera, bile gialla). Questo enorme passo in avanti ha permesso alla medicina di divenire una scienza razionale e di staccarsi così dalla superstizione.

Ippocrate inoltre sosteneva già al suo tempo che la pulizia del medico giovi al paziente, mentre ancora nella metà del XIX secolo, ad esempio, i medici Phillip Semmelweiss, a Vienna, e Wendell Holmes, negli Stati Uniti, furono allontanati dal loro lavoro perchè consigliavano in continuazione gli altri medici di pulirsi le mani prima di visitare il paziente successivo. (Gran parte delle pesti bubboniche medioevali veniva diffusa dagli stessi dottori, senza saperlo ovviamente, che visitavano pazienti in diversi villaggi). Solo con la teoria microbica di Pasteur, i medici si convinsero finalmente dell'utilità della pulizia come norma fondamentale, oltre che come forma di rispetto verso i pazienti. (M.M.)


GIURAMENTO DI IPPOCRATE – VERSIONE CLASSICA (Grecia, ca. 400 A.C.)

Affermo con giuramento per Apollo medico e per Esculapio, per Igea e per Panacea – e ne siano testimoni tutti gli Dei e le Dee – che per quanto me lo consentiranno le mie forze e il mio pensiero, adempirò questo mio giuramento che prometto qui per iscritto.

Considererò come padre colui che mi iniziò e mi fu maestro in quest’arte, e con gratitudine lo assisterò e gli fornirò quanto possa occorrergli per il nutrimento e per le necessità della vita; considererò come miei fratelli i suoi figli, e se essi vorranno apprendere quest’arte, insegnerò loro senza compenso e senza obbligazioni scritte, e farò partecipi delle mie lezioni e spiegazioni di tutta intera questa disciplina tanto i miei figli quanto quelli del mio maestro, e così i discepoli che abbiano giurato di volersi dedicare a questa professione, e nessun altro all’infuori di essi.

Prescriverò agli infermi la dieta opportuna che loro convenga per quanto mi sarà permesso dalle mie cognizioni, e li difenderò da ogni cosa ingiusta e dannosa. Giammai, mosso dalle premurose insistenze di alcuno, propinerò medicamenti letali né commetterò mai cose di questo genere. Per lo stesso motivo mai ad alcuna donna suggerirò prescrizioni che possano farla abortire, ma serberò casta e pura da ogni delitto sia la vita sia la mia arte. Non opererò i malati di calcoli, lasciando tal compito agli esperti di quell’arte. In qualsiasi casa entrato, baderò soltanto alla salute degli infermi, rifuggendo ogni sospetto di ingiustizia e di corruzione, e soprattutto dal desiderio di illecite relazioni con donne o con uomini sia liberi che schiavi. Tutto quello che durante la cura ed anche all’infuori di essa avrò visto e avrò ascoltato sulla vita comune delle persone e che non dovrà essere divulgato, tacerò come cosa sacra.

Che io possa, se avrò con ogni scrupolo osservato questo mio giuramento senza mai trasgredirlo, vivere a lungo e felicemente nella piena stima di tutti, e raccogliere copiosi frutti della mia arte. Che se invece lo violerò e sarò quindi spergiuro, possa capitarmi tutto il contrario.


GIURAMENTO DI IPPOCRATE – VERSIONE MODERNA (al rispetto del quale sono vincolati tutti i laureati in medicina e chirurgia che esercitino oggi la professione).

Consapevole dell'importanza e della solennita' dell'atto che compio e dell'impegno che assumo, giuro:

* di esercitare la medicina in liberta' e indipendenza di giudizio e di comportamento;
* di perseguire come scopi esclusivi la difesa della vita, la tutela della salute fisica e psichica dell'uomo e il sollievo della sofferenza, cui ispirero' con responsabilita' e costante impegno scientifico, culturale e sociale, ogni mio atto professionale;
* di non compiere mai atti idonei a provocare deliberatamente la morte di un paziente;
* di attenermi nella mia attivita' ai principi etici della solidarieta' umana, contro i quali, nel rispetto della vita e della persona, non utilizzero' mai le mie conoscenze;
* di prestare la mia opera con diligenza, perizia e prudenza secondo scienza e coscienza ed osservando le norme deontologiche che regolano l'esercizio della medicina e quelle giuridiche che non risultino in contrasto con gli scopi della mia professione;
* di affidare la mia reputazione esclusivamente alle mie capacita' professionali ed alle mie doti morali;
* di evitare, anche al di fuori dell'esercizio professionale, ogni atto e comportamento che possano ledere il prestigio e la dignita' della professione. Di rispettare i colleghi anche in caso di contrasto di opinioni;
* di curare tutti i miei pazienti con eguale scrupolo e impegno indipendentemente dai sentimenti che essi mi ispirano e prescindendo da ogni differenza di razza, religione, nazionalita', condizione sociale e ideologia politica;
* di prestare assistenza d'urgenza a qualsiasi infermo che ne abbisogni e di mettermi, in caso di pubblica calamita', a disposizione dell'Autorita' competente;
* di rispettare e facilitare in ogni caso il diritto del malato alla libera scelta del suo medico tenuto conto che il rapporto tra medico e paziente e' fondato sulla fiducia e in ogni caso sul reciproco rispetto;
* di osservare il segreto su tutto cio' che mi e' confidato, che vedo o che ho veduto, inteso o intuito nell'esercizio della mia professione o in ragione del mio stato.
http://www.luogocomune.net/site/modules/news/article.php?storyid=3030 

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