martedì 16 ottobre 2012

Da contribuente a suddito


Potrebbe essere la moglie del commercialista di via Giustiniana a Roma, 63 anni, che si e' sparato alla testa dopo il rifiuto della sua banca a concedergli un prestito da poche migliaia di euro. O quel piccolo imprenditore veneto che ha scelto di farla finita dentro il capannone della sua azienda, rimasto ormai scheletrito. Quella che scrive alla Voce e' solo la figlia di una fra le tante vittime di un fisco disumano, che ha assunto l'immagine macabra del killer, impassibile artefice di quell'Italia degli onesti che si suicida a catena.
Sono 68, dall'inizio dell'anno, i casi accertati di cittadini del nostro Paese che non ce l'hanno fatta. «A spingere mio padre - ci dice Angela, la chiamiamo cosi' - non e' stata l'oppressione dei debiti, ma il sentirsi parte di quella ingiustizia a prova d'impunita' contro cui ha sempre combattuto nell'arco di una vita».

Un altro caso, come tanti. M. e' un piccolo imprenditore edile del napoletano, uno che paga gli operai anche nei lunghi mesi in cui il lavoro non c'e' e bisogna incrociare le braccia per intere settimane, in attesa che spunti una

nuova opportunita'. E' il primo, lui, quando il lavoro c'e', a rimboccarsi le maniche e metter mano alla pialla. Di tutto puo' privarsi, fuorche' dei tre dipendenti che lo seguono da una vita. Gente che sa impiantare alla perfezione condotte elettriche di sicurezza, uomini che sui calcoli del cemento armato potrebbero scrivere enciclopedie, tanta e' la loro esperienza.

Su M., sui suoi lavoratori e sulle loro famiglie si e' abbattuta la furia cieca di un sistema fiscale basato su calcoli astratti che nulla sanno - e nulla intendono sapere - delle situazioni reali dei contribuenti. «L'Agenzia delle Entrate - sbotta Antonio Polito, il tributarista che ha preso a cuore le sorti di questi lavoratori - avra' impiegato non piu' di cinque minuti a fare due calcoli ed emettere il suo verdetto: chiede 400mila euro di tasse, applicando il piu' iniquo dei sistemi attualmente adottati dal fisco italiano, i parametri che scaturiscono dai cosiddetti “studi di settore”». Funziona cosi': tu sei un'impresa operante nell'edilizia? Bene. All'Agenzia non importa se sei una Impregilo, un altro colosso multinazionale con fatturati a nove zeri, o invece un piccolissimo imprenditore della zona vesuviana: ti viene applicata un'aliquota fissa sul fatturato. O paghi o salti.

UN PAESE AFFOSSATO

E proprio ai “dannati” studi di settore, una sorta di redditometro cieco applicato alle imprese, in questo periodo Polito sta dedicando una grossa parte del suo impegno come professionista ma, prim'ancora, come cittadino. Tanto che ha in preparazione un libro di ampia divulgazione sull'argomento, che raccontera', attraverso le storie dei vessati, le tante vittorie ottenute dinanzi alle commissioni tributarie, ma anche le altrettante vie crucis di italiani ingiustamente tartassati. Si chiamera' “Da contribuente a suddito”, un titolo che la dice tutta sulla necessita' di spiegare come l'iniquita' delle norme introdotte in materia di fiscalita' abbia contribuito in maniera decisiva ad affossare il nostro Paese sul piano morale, prima ancora che economico.

«Andando apertamente contro i profili di equita' che ispirano la nostra Costituzione - spiega il professionista - oggi le norme in materia fiscale sono improntate ad una ratio punitiva e basate su accertamenti di tipo induttivo affidati quasi esclusivamente a verifiche telematiche, che avvengono in pochi secondi al computer e non tengono conto di fattori previsti per legge». Nel caso specifico, per esempio, per valutare la redditivita' dell'impresa l'Agenzia delle entrate ha applicato un coefficiente pari al 20%, considerando il ricarico medio del settore produttivo. «Ma la dicitura “Altri lavori edili” - attacca Polito - per la sua enorme vastita' non consente alcuna minima valutazione del ricarico aziendale, ne' altri indispensabili accertamenti. Qui bastava eseguire un'indagine bancaria sui conti correnti, o interrogare gli archivi previdenziali. Tutte attivita' che avrebbe potuto svolgere lo stesso contribuente, fornendo le prove della sua onesta', se solo gli fosse stato concesso un vero contraddittorio con gli ispettori del fisco dentro la realta' aziendale, prima che venisse decretata, in pratica, la morte della sua impresa con una sanzione assurda». L'ennesima fine ingiusta, che oggi la squadra di tributaristi capitanata da Polito sta cercando di scongiurare.

MORALISMO FACILE

La verita' e' che e' facile fare i moralisti quando si portano a casa emolumenti da 700mila euro l'anno, come Attilio Befera, o come stipendi e benefit alle stelle, nel caso del premier Mario Monti o del suo ministro Corrado Passera.

«C'e' una guerra spietata fra i poveri - taglia corto un altro professionista da sempre al fianco dei cittadini, il civilista Gaetano Montefusco, artefice di class action contro le amministrazioni pubbliche insolventi - la verita' e' che siamo al si salvi chi puo'. Questa situazione nasce con la “doppia applicazione” dell'euro, che vale mille lire per l'acquisto dei beni di prima necessita', dal pane alla benzina, ma rispetta il cambio prefissato per gli stipendi dei salariati, con retribuzioni da due milioni di lire, una volta, che oggi valgono mille euro e non bastano a sfamare le famiglie».
Per Polito, l'inizio della catastrofe che sta decimando le sorti economiche degli italiani risiede soprattutto nel blocco dei flussi finanziari che, per quanto spesso anomali, cioe' basati su effetti cambiari o cartolarizzazioni, avevano per anni frenato il calo dei consumi. «Una depressione che e' poi puntualmente arrivata, con un crollo pari al circa il 40% ed una recessione in larga parte prevedibile, che sta uccidendo l'intero sistema produttivo e sociale». Effetti perversi cui si sommano logiche fiscali inique, come abbiamo visto, fin dalla radice.

«E' impensabile - conclude Antonio Polito - che in un Paese civile e democratico le Agenzie delle entrate debbano rispondere alla logica esclusiva del profitto, con budget prefissati a inizio anno, tutti da “rispettare”. E' evidente che si tratta di principi incostituzionali, ma finche' la politica non sara' in grado di riportare le norme fiscali nella loro giusta dimensione non vedo possibilita' reali di ripresa per il nostro Paese».

Mostro nella mostruosita', c'e' infine la regola, piu' volte denunciata da Polito, per cui i signori del fisco possono inviare cartelle esattoriali ad un cittadino da agenzie operanti in diverse regioni, sempre per “economizzare” le spese sulla pelle dei contribuenti. «Fra i nostri assistiti - dicono allo studio - abbiamo diversi anziani della zona partenopea chiamati a difendersi da “cartoline pazze” emesse in Veneto o in Calabria. Perche', dicono, in quelle regioni c'e' un contenzioso meno elevato, basso affollamento. E cosi' l'agenzia delle entrate risparmia...».

Rita Pennarola
Fonte: www.lavocedellevoci.it
Link: http://www.lavocedellevoci.it/inchieste1.php?id=553
13.10.2012

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