domenica 19 agosto 2012

Perchè obbediamo?

«Se questo è il prezzo che si deve pagare per un’idea, allora paghiamolo. Non c’è bisogno di essere preoccupati a questo proposito, impauriti, o timorosi.
Questo è il tempo per dire coraggiosamente, “Sì, credo allo spodestamento di questo sistema di ingiustizia a favore di uno più giusto; credo alla fine della fame, all’oltraggio che rappresenta ed alla denuncia dei crimini commessi; credo nell’animo umano come supremo su tutte le leggi che l’uomo ha approvato oppure approverà; credo che non ci sia pace ora, e non ci sarà mai pace, fintanto che esisterà il governo di una persona su un’altra persona; credo alla totale disintegrazione e dissoluzione del principio e della pratica dell’autorità; sono un’Anarchica, e se per questo mi condannate, sono pronta a ricevere la vostra condanna”.»
Voltairine de Cleyre, Exquisite Rebel: The Essays of Voltairine de Cleyre-Anarchist, Feminist, Genius
______________________________________________________
Se un tizio a caso vi ha ordinato di sottomettervi alla sua volontà – o a quella di un altro – la maggior parte di noi lo considererebbe come minimo un’aggressione. Molti di noi cercherebbero di scappare – o difendersi.
Pochissimi si sottometterebbero tranquillamente. E quasi nessuno si sottometterebbe volontariamente.
Ma quando la stessa cosa ci viene proposta da una persona che indossa una divisa, la maggior parte di noi non solo si sottomette ed obbedisce – lo facciamo senza nemmeno mettere in discussione la giustezza della cosa.
L’uniforme – ed altri totem dell’autorità ufficializzata – conferisce legittimità all’illegittimità. Si tratta di una cosa sorprendente. Rivela che la maggior parte delle persone è incapace di cogliere il concetto di un principio morale – che qualcosa che è sbagliata quando viene commessa da una persona non autorizzata è altrettanto sbagliata quando viene commessa da un individuo sancito – o un gruppo di loro.
Se è sbagliato uccidere, allora è sempre sbagliato uccidere. Se è sbagliato rubare, allora è sempre sbagliato rubare. Né l’omicidio né il furto, né qualsiasi altro atto intrinsecamente sbagliato diventa giusto poiché viene approvato dallo stato, o da un politico, o da una burocrazia. A quanto si dice Stalin disse una volta che una singola morte è una tragedia, ma un milione di morti una statistica. Nulla potrebbe essere più lontano dalla verità. Un milione di singole morti sono un’atrocità – quanto una singola morte è una tragedia. E non siete meno vittima di un furto, se il furto viene commesso da un collettivo o dal suo presunto agente – sotto la legge, o attraverso le urne.
Il furto è furto. La natura essenziale della cosa non viene alterata da come è portata avanti – o da chi.
Ci possono essere sfumature di grigio in molti aspetti della vita – ma non quando si tratta di questioni di moralità di base. La vostra vita è vostra – e ne consegue che avete il diritto di essere liberi. Altrimenti la vostra vita non sarebbe vostra, ma proprietà di qualcun altro – in qualunque misura l’altra persona (o persone) eserciterebbe il controllo sulla costra vita, e contro la vostra volontà.
Allo stesso modo, ne consegue che se possedete la vostra vita allora possedete anche i frutti del lavoro del vostro corpo e della vostra mente, di ciò che siete voi. Dire che gli altri – quelli a cui gli psicopatici collettivisti si riferiscono come “società” – hanno un diritto morale sui frutti del vostro lavoro è semplicemente un altro modo di dire che voi siete di proprietà altrui, in tutto o in parte, nella misura in cui siete costretti con la minaccia della violenza a consegnare i frutti del vostro corpo e della vostra mente. O siete liberi – o siete ridotti in schiavitù.
Non c’è via di mezzo. E’ impossibile – una contraddizione in termini.
Un uomo libero non è grato a nessuno – ad eccezione di quelli a cui sceglie liberamente di essere grato. Un uomo schiavo non ha tale scelta libera. Egli è grato a chi la “società” dice che deve essere grato – cioè, a chi esercita il potere politico su di lui. Nella migliore delle ipotesi, può essere un po’ meno schiavo, o vedere i frutti del lavoro del suo corpo e della sua mente redistribuiti con la forza e contro la sua volontà ad estranei o a gruppi di essi, o a progetti o a cause che ritiene un po’ meno sgradevoli. Ma non può rifiutarsi; non gli è permesso dire di no. E’ vincolato ad un “contratto sociale” che non ha mai firmato, ad un consenso che non ha mai dato. Si ritrova con debiti ed obblighi assunti a suo nome da parte di persone che non ha mai incontrato, né tanto meno affidato il potere di delega.
In una parola, è uno schiavo. La questione è solo nel grado a cui è asservito – e in che misura egli è consapevole della sua condizione.
Il sistema che abbiamo – che soffriamo tutti i giorni – non può permettere che la gente la pensi lungo queste linee, ovviamente – perché sarebbe la sua rovina.
Invece, le persone sono condizionate – fin dall’infanzia e non solo dallo stato, ma da tutto ciò che è intorno a loro – ad accettare che l’immoralità può essere trasformata in moralità attraverso il miracolo dell’assenso di gruppo, o della finzione stessa. L’omicidio ed il furto non sono solo accettabili ma ammissibili quando sono effettuati da persone che indossano abiti speciali, che sono stati unti in qualche modo da un gruppo.
In questo modo, lo scandalo assume un’accezione positiva. La maggior parte degli uomini, degni di tale titolo, direbbero ad un altro uomo di andare a farsi fottere se dicesse loro di “allacciare le cinture per la propria sicurezza.” E gli darebbero un pugno sul naso se insistesse. Ma quando l’imbonitore indossa una divisa, la maggior parte dei testicoli degli uomini sembra avvizzire – e si sottomettono ed obbediscono. Sono quaglie di fronte alla Legge. Fanno come gli viene detto. Ma questo è comprensibile. Quando uno si trova ad affrontare un avversario armato – uno armato di un esercito – sarebbe sciocca spavalderia evitare di sottomettersi ed obbedire.
Ciò che è preoccupante è la loro accettazione del servilismo – della (presunta) giustezza implicita di ciò che viene fatto loro. E – peggio – di quello che spesso si fanno l’un l’altro. Piuttosto che vedere la cosa in modo chiaro, per quella che è – e ribellarsi nella mente e nello spirito, come minimo – l’esemplare rappresentativo non solo è d’accordo che va tutto bene – spesso insisterà che le stesse cose (e di peggiori) vengano fatte ai suoi colleghi umani. Gli viene detto cosa fare, perciò egli dirà agli altri cosa fare. La sua vita non è sua, e quindi si assicurerà che nessun altro sia il padrone della propria vita. E’ costretto a cedere la sua proprietà, frutto del lavoro del suo corpo e della sua mente? Maledetti gli altri, anche loro saranno costretti ad un simile fato.
La grande tragedia del nostro tempo non è la libertà umana che sta morendo. Piuttosto che tanti di noi sono disposti ad essere complici del suo omicidio. Troppi se ne fregano di ciò che viene fatto agli altri perché non riescono a capire che la stessa cosa viene fatta a loro. O lo sarà, nel tempo. Questo è il nostro interesse reciproco come esseri umani per difendere la libertà umana, ovunque e sempre.
La libertà è in realtà libera. E’ il collettivismo – l’autoritarismo – i cui costi sono incalcolabili.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli
visto su rischiocalcolato e copiato e postato su questo blog

Nessun commento:

Posta un commento