giovedì 26 gennaio 2012

E' il momento di entrare nel vivo di temi che mi sono cari, che sono a mio parere il sale della vita. Al primo posto c'è il rapporto con le altre persone. Distinguo tra i rapporti familiari e quelli con terzi, ovvero con persone incontrate per caso o per necessità.
Oggi parlerò dei rapporti familiari e in particolar modo di quelli tra genitori e figli. Nel mio caso mi sono sposato giovane a poco meno di 23 anni e dopo circa undici mesi è nato il primo figlio, un maschio. Il fatto di essere stato per oltre dieci anni figlio unico , ha influito sulle attenzioni che prima erano solo per lui e che d'ora in avanti ,forse, sarebbero state divise anche con altri. Con il tempo queste cose sono venute a galla. Oggi a distanza di anni a volte cerca il dialogo mentre allora e nell'adolescenza ha cercato e ottenuto il distacco. Non una vera e propria neutralità o indifferenza,ma una marcata decisione di stare per gli affari propri.Non a caso appena ha potuto ha chiesto e ottenuto di andare in discoteca: ma se ai miei tempi si andava alle 18 e alle 21 si andava via, in quanto minorenni, oggi ma anche 15 o anni fa le abitudini prevedono ingressi a partire dalle 22 o 23 e fine delle danze alle 3 del mattino. Non solo: essendo pure scaltro era riuscito a instaurare un buon rapporto ,fatto di protezioni e foraggiamento in denaro, con i nonni paterni e con le zie, che lo hanno sempre protetto e coccolato, difeso di fronte a un evidente comportamento egoista. Se prima aveva avuto tutto e anche di più in quanto era figlio unico, ora otteneva ciò che voleva perchè i genitori, a detta sua, erano tutti presi dalla nascita della sorella. A distanza di tempo e con la maggiore età, quando si comincia a maturare e il tempo avrebbe almeno dovuto placare le acque, la dietrologia che si adopera per capire perchè le cose sono andate in un modo e non in un altro, ha creato in me dei sensi di colpa. Mi sono detto perchè ho avuto poco polso, perchè non mi sono imposto, perchè ho lasciato perdere: perchè alla fine del ragionamento c'è quasi la certezza di aver,allora, gettato la spugna. In effetti ,con le buone gli era stato chiesto di evitare di andare il sabato sera in discoteca: ma appunto solo con parole, così come le scrivo adesso. Non sono ricorso a metodi coercitivi o violenti: i soldi li aveva dai nonni, mentre per recarsi a ballare si è sempre arrangiato. Il punto è che se uno va a bere o a ballare, ma poi ha dei rapporti umani buoni è un conto. Per buoni si intende che si relaziona e non si ecclissa, non è indefferente ma partecipa alla vita familiare. Questa vita notturna è durata circa tre anni, si è interrotta quando il cuore suo è stato rapito da una ragazza per poi riprendere quando ,come a volte succede per una delusione, si deve trovare qualcosa che ci distragga. Mi soffermo su un punto e mi domando: è giusto avere dei rimpianti per il proprio comportamento? Ho delle colpe nei confronti di una persona se non ho fatto tutto ciò che potevo per il suo bene?So bene che non si può tornare indietro, che esiste il presente, ma credo di aver fatto qualcosa di inutile cercando di parlargli, chiedendo ed essendo a disposizione. Infatti se lavora e se ha potuto ,pur con le difficoltà che ci possono essere, studiare è perchè i genitori si sono occupati di lui, lo hanno ascoltato, gli hanno posto domande. Quando ha avuto problemi e ce li ha esposti, o quando come genitori abbiamo dovuto capire che c'era qualcosa che non andava, noi c'eravamo. Tuttavia non mi sento contento.

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